PSICOANALISI: IL VENTO ANTIFREUDIANO GIUNGE IN EUROPA

di Sergio Benvenuto*, agenziaradicale.com, 22 marzo 2012

In certe cose l’Italia arriva ben ultima. È da decenni che negli Stati Uniti si è sviluppata una grande campagna mediatica e filosofica contro la credibilità della psicoanalisi in tutte le sue varianti; campagna che ha messo fine, di fatto, all’influsso della psicoanalisi sulla psichiatria statunitense. Punti di partenza di questi ‘Freud bashers’ (strapazzatori di Freud) sono i filosofi Karl Popper e Adolf Grünbaum; costoro avevano mostrato, in modi diversi, che la psicoanalisi non è plausibile come scienza. Quanto alla cura dei ‘disordini mentali’, alla psicoanalisi si contrappongono gli psicofarmaci e le terapie cognitive. Questa crociata anti-Freud è poi passata in Europa, e specialmente in Francia – il paese europeo dove tuttora la psicoanalisi è più praticata e gode di maggior prestigio. In Francia nel 2005 uscì il Libro nero della psicoanalisi, che raccoglieva gli atti d’accusa di quaranta autori. Non è un caso che questo libro seguisse al polemico Libro nero del comunismo: di fatto i Libri neri erano un modo per attaccare il freudo-marxismo, il connubio Marx-Freud, sempre prospero in Francia. Poi nel 2010 il pop-filosofo Michel Onfray ha pubblicato un bestseller freudofobico, Il crepuscolo di un idolo; l’idolo al tramonto sarebbe appunto Sigmund Freud. L’articolo di Gilberto Corbellini (12.02.2012) su Il Sole 24 Ore che ha sollevato accese reazioni sui media italiani, mostra che questo vento anti-psicoanalitico sta giungendo anche da noi. Nei prossimi mesi avremo altri libri e articoli roventi pro o contro la psicoanalisi. L’articolo di Corbellini non è tanto contro la psicoanalisi in generale, quanto contro la sua variante lacaniana. Lo spunto è una questione tutta francese, dato che alcune misure di salute pubblica in Francia tendono a escludere il dangerous method psicoanalitico come modo per curare gli autistici o prendersene cura. Il blitz di Corbellini è quindi a tre livelli che non si intersecano completamente:
(a) contro la validità scientifica della psicoanalisi,
(b) contro la scuola di Lacan,
(c) contro l’approccio psicoanalitico o lacaniano all’autismo.
Ma perché Corbellini ha preso di mira proprio i lacaniani? In effetti, la scuola lacaniana è intervenuta solo marginalmente sull’autismo, e il suo approccio ad esso non è particolarmente originale rispetto a quello delle altre scuole psicoanalitiche. Se Corbellini voleva attaccare veramente l’approccio psicoanalitico all’autismo, avrebbe dovuto sparare a zero piuttosto contro Bruno Bettelheim, morto suicida nel 1990. Fu lui in effetti a condizionare per decenni la visione psichiatrica americana sull’autismo; secondo questa il gelido e poco empatico comportamento tipico degli autistici era effetto di una madre essa stessa gelida – la famosa ‘madre frigorifero’ – che non aveva dato al bambino quel calore e attenzione che lo avrebbe ‘umanizzato’. Ora, negli ultimi decenni le scienze cognitive hanno in gran parte smantellato questa tesi, che riversava tutta la colpa sulla povera madre, e hanno proposto altre ipotesi; ovvero, si nascerebbe autistici come si nasce biondi o col bernoccolo per la musica. Non si guarisce perciò dall’autismo, si può solo cercare di adattare l’autistico alla forma di vita non-autistica dei più. Corbellini, insomma, ha voluto attaccare la psicoanalisi su un terreno in cui questa è specialmente debole e sotto tiro. Sarebbe come voler smitizzare Garibaldi concentrandosi sul fatto che si fece fermare e ferire sull’Aspromonte nel 1862.
Ma il vero target polemico di Corbellini non è la teoria psicoanalitica dell’autismo, quanto piuttosto i lacaniani. E perché proprio Lacan, e non altri maestri della psicoanalisi non meno influenti in Italia, come M. Klein o W.R. Bion o D.W. Winnicott? Il mio sospetto è perché in questi ultimi anni, dopo decenni di quasi-letargo post-Verdiglione, i lacaniani italiani stanno salendo nella visibilità sia culturale che mediatica. Il lacanismo rischia insomma di promuovere in Italia, più di altre scuole e filoni, un rilancio in contro-tendenza della psicoanalisi. In particolare, alcuni lacaniani da noi sembrano sostituirsi agli junghiani come interpreti privilegiati dei concetti psicoanalitici presso il vasto pubblico. L’attacco al lacanismo ha insomma un senso strategico. Aggiungiamo che Lacan è il solo psicoanalista – a parte Freud e Jung – che ha esercitato ed esercita un influsso notevole al di fuori delle cerchie psicoanalitiche; la sua opera ha ispirato correnti storiche e letterarie, i Cultural Studies anglo-americani, alcuni filosofi oggi popolari (come Slavoj Žižek, Ernesto Laclau, Alain Badiou), il pensiero femminista, la critica d’arte. È il potenziale di seduzione culturale del lacanismo a preoccupare persone che aborriscono tutto ciò che non rientri nelle metodologie scientifiche e nel razionalismo cognitivo. Secondo me, gran parte di questo acido dibattito si basa però su un profondo malinteso sulla natura della psicoanalisi, malinteso che affligge spesso sia i detrattori che gli apologeti della stessa. Il presupposto sbagliato è che l’analisi, essendo anche una psicoterapia, vada equiparata alle procedure mediche odierne.
È vero che Freud si considerava uno scienziato, perciò chiamò la sua disciplina psico-analisi, dato che il procedimento scientifico è quello analitico. Ma di fatto Freud, alla fin fine, paragona l’analisi non alla medicina bensì ad altre pratiche non meno importanti. In effetti, egli scrisse che tre sono i mestieri impossibili: governare, educare, psicoanalizzare. Insomma, la psicoanalisi è ‘impossibile’ quanto la politica e la pedagogia. Ora, qualcuno ha mai contestato a qualche politico che ha avuto successo, almeno secondo i nostri criteri di ‘successo’, ad esempio al Mahatma Gandhi, “ma tu hai operato scientificamente?” Oppure qualcuno ha mai chiesto a Maria Montessori “tu hai operato scientificamente?” Ora, lo psicoanalista è un agente etico così come lo sono il politico e l’educatore – e aggiungerei: come l’artista o lo scrittore; tutti costoro sono donne o uomini pratici. Lei o lui si confrontano sempre con situazioni nuove, uniche, proprio come il politico, che deve affrontare continuamente problemi e scommesse del tutto inedite; e come l’educatore, che si trova sempre di fronte a persone diverse, uniche. L’efficacia della psicoanalisi quindi non va paragonata con quella che si calcola in medicina, tecnologia sempre più basata su protocolli di controllo rigorosi. La sua è efficacia etica, come quella prodotta da nuove idee politiche, da nuove visioni della società e della vita, dal rapporto problematico che ogni essere umano ha con i propri desideri profondi.

Institute of Cognitive Sciences and Technologies / Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.)

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