di Maria Serena Palieri, l’Unità, 22 giugno 2012
Chi ha inventato l’amore? O, se la domanda così sembra troppo assoluta, chi ha inventato l’amore romantico? Nel Novecento c’è una genealogia di studiosi, dal filosofo svizzero Denis de Rougemont allo storico francese Georges Duby giù fino al sociologo inglese Anthony Giddens, che ne attribuiscono all’occidente la paternità, trovandone le radici nella cultura trobadorica del XII secolo. Mentre nello stesso occidente si leva il plotone di quanti li accusano di eurocentrismo, ricordando Sheherazade e il Kama Sutra, Omar Khayyam e Kalidasa: ultimo, in ordine di tempo, Jack Goody, autore di un critico saggio del 1998 da poco da noi tradotto per Raffaello Cortina (Cibo e amore. Storia culturale dell’Oriente e dell’Occidente).
Julia Kristeva sembra non avere dubbi, per lei l’amore «si confonde con la storia della libertà, il cui ombelico è qui, in Europa». È un amore le cui tracce vanno seguite, risalendo con un doppio salto all’indietro, anzitutto «nella storia dell’Occidente greco ebraico e cristiano che, in cerca dell’Altro, ha costruito quel culto dell’“Io sono” che sa superarsi e che si chiama propriamente capacità di amare, quel favoloso mal d’amore», scrive. Ed è un amore che «si declina in poemi, suoni e immagini, racconti e avventure», un Amore che esiste insomma in quanto viene narrato.
Kristeva ripropone ora al pubblico italiano (nella collaudata e magnifica traduzione di Mario Spinella) Storie d’amore, saggio uscito negli anni Ottanta per gli Editori Riuniti e ora rieditato da Donzelli, il marchio che, negli ultimi anni, ha proposto altre opere della psicoanalista bulgaro-francese, tra cui la cosiddetta trilogia del «Genio femminile» su Colette, Hannah Arendt e Melanie Klein. A un trentennio dalla prima edizione, ecco un’introduzione ad hoc.
Dunque, Kristeva fa coincidere l’Amore col suo racconto. E questa è un’idea di lungo corso: dal libro «galeotto» del V Canto dantesco alla Emma flaubertiana che s’innamora «perché» legge d’amore. E dunque sono storie letterarie prototipi o archetipi culturali le «storie» che qui analizza: da Romeo e Giulietta a Don Giovanni, da Stendhal a Bataille. Però, formatasi alla scuola di Lacan, Kristeva fa coincidere l’amore col suo dirsi nella parola in analisi, tanto più al presente perché «le delizie e i tormenti di questa libertà oggi sono più gravi per il fatto che non abbiamo più codici amorosi, nessuno specchio stabile per gli amori di un’epoca, di un gruppo, di una classe. Il divano dell’analista è il solo luogo nel quale il contratto sociale autorizzi esplicitamente una ricerca ma privata dell’amore». E dunque è lì che si riverberano quei fantasmi letterari. Non fosse, coglie Kristeva nella sua introduzione a questa nuova edizione, che la Storia che oggi sembra dominare su tutte le altre sembra quella di Narciso. E, se è Narciso il mito predominante, come ci si innamora dell’Altro? Kristeva, in questa densissima cavalcata, ci insegna, per ricominciare, in quanti miti e storie diversi da Narciso l’amore nei millenni fino a ieri abbia saputo declinarsi.
(Storie d’amore, Julia Kristeva, Traduzione di Mario Spinella pagine 350 euro 32,00 Donzelli)
http://www.gargoylebooks.it/attachments/article/59/L’Unit%C3%A0.22.06.12.pdf
Vedi anche