ZOJA: FRETTA E FRENESIA SONO I NOSTRI NEMICI

di Stefano Rizzato, La Stampa, 30 agosto 2012

L’inconscio c’era nel Paleolitico e c’è ancora. Anche se abbiamo Internet e i cellulari». A chi considera la psicoanalisi una pratica fuori dal tempo, Luigi Zoja risponde così. Psicoanalista junghiano di fama internazionale, Zoja si definisce un «romantico». E non vuole sentir parlare di analisi virtuale.
Professore, in un mondo così frenetico e sempre connesso, la psicoanalisi e i suoi rituali rischiano di sparire?
«Non credo. L’essere umano ha sempre avuto una parte irrazionale, la capacità di sognare, è sempre stato influenzato da meccanismi inconsci. L’ansia nel cambiar lavoro, la tendenza a innamorarsi della persona sbagliata esistevano nel Settecento e nell’Ottocento ed esistono ancora oggi».
Però sembra venir meno la volontà di «coltivare l’anima», per dirla con il titolo di un suo libro.
«La correggo: non è una questione di volontà, ma di società. Viviamo in un mondo in cui tutto è misurato in termini numerici, economici e di risultato. I pazienti più giovani che io e i miei colleghi ci troviamo di fronte sono nati già immersi in questo contesto di fretta e frenesia: è inevitabile che si approccino all’analisi in modo diverso».
I pazienti oggi hanno meno disponibilità economica, ma il cellulare e Facebook. I nuovi modi di comunicare non finiranno per mandare in pensione il tradizionale lettino?
«Negli Stati Uniti qualcosa di simile avviene da tempo. Una decina d’anni fa ero a New York e mi stupivo della frequenza con cui i miei colleghi si trovavano di fronte ad appuntamenti cancellati e a pazienti che, avendo pagato, chiedevano un consulto via telefono. Oggi la tentazione è fare analisi in videochat, via Skype. Negli Usa stanno nascendo studi interamente online, senza alcun rapporto diretto tra analista e paziente».
Lei che ne pensa?
«Be’, chiunque può capire che un analista intuisce molte cose anche dal linguaggio non verbale, dai gesti non coscienti dei pazienti. Se l’alternativa è tra interrompere il percorso con uno psicologo e continuarlo via Skype, ben venga Skype. Invece la psicoanalisi online, via Internet, mi sembra una forzatura».
La vostra professione come si sta adattando, davanti a questi cambiamenti?
«C’è un intenso dibattito, in tutto il mondo. Il problema è che si pensa troppo in termini medici, di pazienti da “curare”. Ma la psicoanalisi è una scienza umana, più vicina alla filosofia che alla medicina. E anche per questo, più che i modelli precostituiti, conta molto la sensibilità di chi la fa».

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http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1JL8T0

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