Ragazzi in fuga

di Maria Novella De Luca, la Repubblica, 5 febbraio 2013

Scappano per poche ore, per un giorno, per due, raramente più a lungo, ma quanto basta perché quello spazio vuoto di cellulari muti, di Facebook senza messaggi, di amici che nulla sanno o nulla dicono, faccia impazzire genitori, fratelli, parenti, vicini. Adolescenti runaways, che fuggono da casa, si allontanano, si rendono invisibili, ma poi per fortuna tornano o vengono ritrovati. L’età più critica sono i quindici, sedici anni, quando tutto sembra stretto, regole, famiglia, scuola, l’età dei conflitti e degli estremi. «Litigate troppo, e me ne vado», scrive Tatiana alla madre con un sms, prima di scomparire per un intero, spaventoso venerdì, nessun contatto fino a che una pattuglia non la rintraccia, infreddolita, impaurita e sola sulla panchina di un parco.
Crescono i numeri delle micro-scomparse dei teenager, un ragazzino su tre, dice un sondaggio Eurispes-Telefono Azzurro, ha messo in atto per propria ammissione l’arte della fuga, la maggior parte, oltre il 70 per cento, torna a casa volontariamente, altri vengono ritrovati da familiari, polizia, compagni di scuola, un numero esiguo finisce invece, purtroppo, tra le file dei minori missing, quelli che non si trovano più.
«Non vi sopporto più, voi e le vostre regole, mi soffocate», spiega ai genitori in lacrime Marco, 17 anni, dopo un giorno e una notte da fuggitivo, da Savona a Genova, da Genova a Milano, su e giù sui treni, fino a che finalmente riaccende il cellulare e la sua fidanzata coetanea ma non complice lo convince a tornare a casa. Sono frammenti di cronache e racconti raccolti dalle forze dell’ordine, dai volontari delle linee di soccorso per adolescenti, quando gli adolescenti finalmente spiegano perché se ne sono andati. E ciò che emerge, al di là delle apparenze di un mondo dove il conflitto tra generazioni sembra scomparso, e le case sono aperte, e la sessualità ammessa, è che la radice invece è tutta lì, nel rapporto tra genitori, figli e regole. Lo conferma, ad esempio, il 26,7 per cento dei ragazzi intervistati dall’Eurispes, e il 9,1 dice apertamente di sentirsi «limitato» nella propria libertà. Ma per Massimo Ammaniti, psicoanalista e grande esperto di infanzia e adolescenza, queste brevi sparizioni non sono vere e proprie fughe, ma «allontanamenti provocatori », un modo per conquistare in famiglia, «attraverso questo feroce ricatto affettivo», più spazi, più concessioni, più Internet, più tecnologia, più libertà.

Per continuare:

http://ricerca.gelocal.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/02/05/ragazzi-in-fuga.html

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