Ospiti – La storia di una donna: Sabina Spielrein

di Emiliana Cristiano, letteratu.it, 7 marzo 2013*

Nel 1980 Aldo Carotenuto pubblicò un libro tanto interessante quanto importante: Diario di una segreta simmetria. Sabina Spielrein tra Jung e Freud. Degli ultimi due si è detto tanto, i loro nomi sono ormai noti sia agli esperti che ai profani di psicanalisi. Mi piacerebbe invece spendere qualche parola per l’unica donna in questione, Sabina Spielrein.
Il libro di Carotenuto, nella versione in italiano, presenta il diario di Sabina e lettere spedite a Jung e Freud. La versione tedesca, invece, contiene anche le lettere che Jung spedì alla Spielrein.
A quasi trent’anni di distanza, questo libro non ha smesso di suscitare curiosità e interesse negli studiosi, come nel pubblico comune e nel mondo dello spettacolo. Esso ha infatti rivelato, per la prima volta, un episodio significativo della storia della psicanalisi, un episodio che è al tempo stesso una complessa vicenda umana in cui si intrecciano una guarigione analitica, l’esplosione di un amore impossibile e la nascita di grandi idee del nostro tempo.
Sabina Spielrein nacque a Rostov sul Don (Russia) nel 1885, figlia di un ricco mercante ebreo. Durante l’adolescenza ricevette la diagnosi di “isteria psicotica” a seguito di gravi problemi come allucinazioni, eccessi di riso, urla e pianto e, infine, di depressione. Ricoverata nella clinica psichiatrica di Zurigo, il Burghölzli, per quasi un anno, fu sottoposta a trattamento psicanalitico dal Dottor Jung.
La psicanalisi era allora agli inizi e né Jung né Sabina conoscevano bene la tesi del Transfert e del Controtransfert.
Sabina guarisce e si riappropria di sé grazie alla parola, ma quello che emerge dalle lettere è l’amore intenso in cui i due, paziente e analista, si ritrovano imprigionati, incapaci di gestire, capire, incanalare.
Grazie anche ai consigli di Freud, Jung tronca dopo sette anni la sua relazione sconveniente con Sabina ( all’epoca Jung era già sposato).
Ritorniamo alla Spielrein. Per molti anni la sua figura è rimasta nell’ombra e solo negli ultimi anni i riflettori si sono accesi sulla storia di questa piccola grande donna.
Dopo essere guarita e dopo aver attraversato la burrasca e la sofferenza di un amore impossibile, Sabina nel 1911 si laurea in Medicina con una tesi su un caso di schizofrenia. Nello stesso anno diviene membro della Società di Psicoanalisi di Vienna, dove si trasferisce. Nel 1912 sposa il medico Pavel Scheftel, da cui ha due figlie, Renate ed Eva.
Dieci anni più tardi la coppia tornò in Russia, per stabilirsi a Rostov sul Don. Nella sua città natale, la Spielrein fondò un Ospedale psichiatrico per bambini, l’asilo bianco.
L’asilo bianco rappresenta un esperimento ambizioso in cui Sabina non smise mai di credere: in esso i bambini venivano fatti crescere in assoluta libertà, per aiutarli a diventare uomini veramente liberi.
Il sogno dell’asilo bianco fu però interrotto durante gli anni della dittatura di Stalin; il regime fece chiudere l’asilo e bandì la psicoanalisi, inoltre non risparmiò la famiglia di Sabina: due suoi fratelli furono deportati ed uccisi.
A Sabina il destino non riservò una fine migliore: morì, nel 1942, fucilata dai nazisti in una sinagoga, insieme alle sue figlie e ad un altro centinaio di ebrei.
L’opera di Sabina ha fortemente influenzato il pensiero di Freud e di Jung.
In  Al di là del Principio del Piacere Freud cita la Spielrein (lo fa una sola volta in tutta la sua opera) spiegando che nel suo ricco e intenso lavoro, che sfortunatamente non mi è del tutto chiaro, Sabina Spielrein aveva anticipato una considerevole parte delle sue meditazioni ed aveva anche notato una componente sadica della pulsione sessuale come una “pulsione distruttiva”. Inoltre, la sua relazione con Jung ebbe conseguenze sullo sviluppo del concetto di controtransfert e sull’elaborazione del concetto di pulsione di morte formulato dallo stesso Freud.
La storia professionale e umana di Sabina è stata raccontata in numerosi libri e ha trovato posto anche in lavori teatrali come Sabina (1988) di Snoo Wilson e The Talking Cure ( 2003 ) di C. Hampton.
Discreto successo ha ottenuto nel 2002 il regista Roberto Faenza e il suo film “Prendimi l’anima”, con Emilia Fox nei panni di Sabina e Iain Glen in quelli del dottor Jung.
A breve uscirà un nuovo film ispirato alla storia di Sabina, girato da David Cronenberg con Keira Knightley nei panni della psicanalista russa.
E’ interessante notare come negli ultimi anni – finalmente – le storie di donne importanti, come Sabina, hanno ritrovato nuova luce e soprattutto posto accanto a quello dei grandi uomini di sempre.
In una semplice frase di Sabina possiamo racchiudere la sua vita, la sua sofferenza e il suo lavoro:
Quando morirò voglio essere seppellita sotto una quercia, e voglio che qualcuno scriva: “Anche lei era un essere umano.”

*Articolo segnalato da Michele Nenna,  – @MicheleNenna – che ringrazio (L. R.)

http://www.letteratu.it/2011/03/la-storia-di-una-donna-sabina-spielrein/

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