“Non è più come prima” un elogio del perdono nella vita a due per resistere all’usura della passione e alle tentazioni del tradimento
di Egle Santolini, lastampa.it, 15 aprile 2014
Ci vuol coraggio a mettere d’accordo le vertigini verbali di Lacan con l’idea di bestseller, cioè con l’aspirazione a raggiungere un pubblico non soltanto di specialisti. Eppure Massimo Recalcati, psicoanalista e scrittore, uno al quale la parola coraggio piace molto, ci sta riuscendo. Dopo il successo del suo Il complesso di Telemaco, il recente Non è più come prima è entrato nella classifica dei libri più venduti, oltre che nelle scalette dei talkshow televisivi. C’entra un sottotitolo piuttosto irresistibile, «Elogio del perdono nella vita amorosa»: chi non si è ritrovato, prima o poi, nella circostanza di perdonare o di essere perdonato? E conta la capacità di intrecciare le suggestioni linguistiche del Maestro («encore» che sconfina in «un corps», l’irripetibilità della relazione amorosa stabile che vive di continue, gioiose ripetizioni) con una buona dose di riferimenti culturali più accessibili, dall’ultimo Tornatore ai corsi di degustazione in Langa, dagli Sdraiati di Michele Serra ai romanzi di Cormac McCarthy.
Ci sono infine, dopo la più lunga parte saggistica, quelle 25 pagine in corsivo intitolate «Diario di un dolore», prima prova narrativa compiuta dell’autore, che racconta di un signore freudianamente chiamato O., astrofisico di rilievo internazionale, e del suo impatto col non senso del tradimento subito. Recalcati definisce O. come un «impasto letterario di materiali diversi: innanzitutto quelli di alcune storie di pazienti tratte dal mio lavoro di psicoanalista, rese irriconoscibili e amalgamate con elementi più autobiografici. Ne scaturisce un racconto che non vuole esplicare quello che la teoria prova a formulare concettualmente. Secondo l’insegnamento più classico della psicoanalisi, si tratta piuttosto di offrire attraverso la singolarità di un caso («clinico», o più radicalmente «umano»?) non la conferma della dottrina, ma il luogo da cui la dottrina sorge».
I lettori che non masticano troppo psicanalese forse correranno subito lì, a leggere di M., del suo tailleur azzurro, della sua improvvisa freddezza con O. dopo dieci anni d’amore e tre figli, con contorno di lettere anonime e notti insonni, e un certo gusto del feuilleton. Tuttavia, le emozioni più intense del libro noi le abbiamo trovate nella prima parte, dove la passione dello psicoanalista Recalcati assume le difese dell’amore «che lascia il segno» e «che non vuol morire». È una presa di posizione, come spiega lui, anticapitalistica e anticonsumistica, contro il culto neolibertino del Nuovo con la enne maiuscola, perché «al posto del patto simbolico che lega gli amanti – di cui la fede nuziale è un simbolo alto – si afferma un cinismo disincantato che vede ogni legame come «a tempo», destinato a scadere e a essere ricambiato da un nuovo legame». E dunque «si cerca il Nuovo che rompa l’abitudine, la noia del familiare, l’ordinarietà anonima delle nostre vite. Si cerca la spezia dell’innamoramento per condire una vita senza desideri». Si precipita, così, nella più noiosa delle coazioni, perché degli innamoramenti a ripetizione ci si stanca subito, riproducendo alla fine sempre le medesime modalità di relazione.
A questa regola dell’usa e getta, in un mondo che della fedeltà ha quasi imparato a vergognarsi, Recalcati contrappone la possibilità di un amore che si nutra di se stesso, rigenerandosi ogni giorno in quell’ «encore» di cui parlavamo poco fa. Ma siccome nessuno può preservare neppure la coppia più coraggiosa dalla possibilità del tradimento, e di «un’altra esperienza affettiva nel segreto e nello spergiuro», ecco l’invito a combattere la battaglia più difficile, cioè quella della ricomposizione del trauma.
Non si tratta di un gesto pietistico, né di un processo provocato dal pentimento del traditore: «Non sarà mai quello che farà l’Altro a rendere possibile il nostro perdono», scrive Recalcati, che indica una strada più impervia ma anche più affascinante. Si perdona al partner di cui si riconosce la libertà di ottemperare alla propria legge del desiderio; lo si fa, quando il tradito riesce a compiere un lungo lavoro di raccoglimento e di analisi su se stesso, che lo porta a «rinnovare la fiducia, a rinnovare il dono della promessa».
Non ha poca importanza, nella riflessione teorica di Recalcati, il riferimento all’episodio evangelico dell’Adultera, che compare sia nella sezione saggistica che nella sezione narrativa. Ma è importante segnalare come anche le esigenze di chi perdonare non sa, o non vuole, siano accolte e comprese. Non è più come prima (e il titolo fa riferimento sia alla frase malefica che segnala la crisi, sia alla possibilità di una rinascita consapevole) non è né un manuale di selfhelp né un protocollo di accusa. Ma un atto di fiducia, realistico, sul futuro della coppia.