di Julia Kristeva, repubblica.it, 25 aprile 2014
Alla domanda: «Chi sono io?» evidentemente la miglior risposta europea non è una certezza, ma risiede nell’amore per il punto interrogativo. Dopo il cedimento — fino al crimine — ai dogmi identitari, sta emergendo un noi europeo. E forse è proprio perché ha ceduto alla barbarie — e su questo non dovremo mai cessare di riflettere — ma per analizzarla poi meglio di tanti altri, che l’Europa può dare al mondo l’apporto di una concezione e di una prassi dell’identità come domanda permeata di inquietudine. È possibile assumersi il patrimonio europeo ripensandolo come antidoto alle tensioni e ai ripiegamenti identitari: i nostri e quelli di chiunque altro. Senza voler enumerare tutte le fonti di quest’identità interrogante, ricordiamo però che sollevare domande in permanenza può anche portare alla deriva del dubbio corrosivo, dell’odio verso se stessi: un’autodistruttività dalla quale l’Europa è tutt’altro che esente. Non di rado questo retaggio dell’identità come domanda viene abbassato al livello di «tolleranza» permissiva verso gli altri.
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