di Luca Valtorta, repubblica.it, 26 settembre 2014
Due mani spuntano da sottoterra, pronte a ghermire il malcapitato che passa dal cimitero illuminato dalla gelida luce della luna. Era il 1986 e nelle edicole usciva il primo albo di Dylan Dog. Molto di più di un semplice fumetto: un evento culturale che sarebbe diventato fenomeno di costume. L’incarnazione perfetta delle teorizzazioni di Umberto Eco in Apocalittici e integrati, la sua rivoluzionaria (per i tempi, era il 1964) analisi su cultura “alta” e cultura “bassa”, in cui una sezione fondamentale riguardava il fumetto.
A partire dal fatto che «non è certo immotivato ricercare alla radice di ogni atto di insofferenza verso la cultura di massa una radice aristocratica, un disprezzo che solo apparentemente si rivolge alla cultura di massa, ma in verità si appunta sulle masse». Dylan Dog è l’esempio perfetto e infatti qualche anno dopo Eco non mancherà di sottolinearlo, dal momento che il suo creatore, Tiziano Sclavi, è il primo a inserire criptocitazioni di un immaginario che oggi definiremmo “geek”, in un fumetto appunto di “massa”. Un immaginario capace di mettere insieme Philip Dick e Raymond Chandler, il Ridley Scott di Blade Runner e Marx (Groucho), l’esoterismo ebraico del Golem e Terminator .
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http://www.repubblica.it/cultura/2014/09/26/news/dylan_dog_il_fumetto_che_visse_due_volte-96726193/