Quella piazza illuminista che ha salvato la vera idea d’Europa
di Julia Kristeva, repubblica.it, 13 gennaio 2015
Insieme al popolo francese, nella strade di Parigi c’era idealmente tutta l’Europa. I tanti europei presenti a Parigi, tra le delegazioni ufficiali ma anche tra la gente comune, hanno contribuito a dare corpo a una comunità viva e democratica che per una volta ha saputo incarnare l’ideale europeo al di là delle semplici dichiarazioni. Colpendo Charlie Hebdo, il terrorismo fondamentalista ha decapitato una forma d’intelligenza rara, quella che fa ridere il pensiero, che appartiene al dna della Francia e dell’Europa. Di conseguenza i popoli europei si sono identificati con quello francese. Almeno sul piano simbolico, l’Europa degli ideali ha preso il sopravvento sull’Europa dei tecnocrati.
Per continuare:
L’illusione lirica
di Jacques-Alain Miller, lepoint.fr, 12 gennaio 2015*
Chi l’avrebbe creduto? Chi l’avrebbe detto? La Francia in piedi come un solo uomo, o una sola donna. La Francia divenuta o ridivenuta una. La Repubblica, coraggiosa, intrepida, che ha scelto la resistenza. Finiti gli auto-rimproveri! I Francesi improvvisamente usciti dalla loro depressione, dalle loro divisioni e anche, a sentire un accademico, tornati a essere “i soldati dell’anno II”. I Francesi che nuovamente suscitano l’ammirazione del mondo. Il presidente Hollande, ciondolando la testa, accoglie con la sua aria da prima comunione i pochi uomini che hanno nelle loro mani i destini del pianeta. Perché precipitarsi così a Parigi? Si direbbe che vengano per rigenerarsi, ravvivare il loro potere, legittimarlo, lustrarlo. Un pianeta stesso quasi unito, unanime, percorso da uno stesso brivido, che forma come una sola folla, in preda a una pandemia emotiva senza precedenti, se non, forse, il Giorno della Vittoria che mise fine alla Prima Guerra mondiale, la Liberazione di Parigi l’8 maggio 1945.
La Francia, l’umanità, sembrano non essere più delle astrazioni, sembrano prendere carne, incarnarsi sotto i nostri occhi, nei nostri cuori, nei nostri corpi. Noi avremmo dunque conosciuto ciò: “l’illusione lirica”. Impossibile orientarvisi senza Freud e la sua Psicologia delle masse, o anche la sua dottrina della cura. L’evento fa rottura; riconfigura il soggetto, o piuttosto lo fa emergere in una forma inedita. Tuttavia le Borse, finora, non si sono mosse, a differenza dell’11 settembre. Ora, è lì ciò che funge oggi da prova del reale. Finché esse non avranno registrato la scossa, si resta nell’immaginario.
Tutto è stato messo in movimento da tre uomini, non uno di più, che hanno dato la vita in nome del Profeta. Tuttavia, non si è raggiunto questo entusiasmo universale in suo nome, ma in quello di Charlie che sorge al posto. Charlie! Un settimanale che prima che la sua redazione fosse sterminata era già, in mancanza di lettori, all’agonia. Il residuo, lo scarto, di un’epoca dello spirito da tempo superata. È lì che verifichiamo ciò che insegna la psicoanalisi, la potenza che racchiude la funzione del resto. Charlie muore assassinato il mercoledì; la domenica, è la sua resurrezione. La sua trasformazione, la sua sublimazione, la sua Aufhebung, in simbolo universale. Il nuovo Cristo. O, per essere misurati, il Here Comes Everybody di James Joyce.
Dobbiamo questo effetto ai nostri tre jihadisti, questi cavalieri dell’Apocalisse, questi soldati dell’Assoluto. Saranno riusciti in questo: spaventare, gettare nel panico una buona parte del pianeta. Come scriveva ieri in un tweet quella vecchia canaglia di Murdoch, “Big jihadist danger looming everywhere from Philippines to Africa to Europe to US”. È nel numero che ciascuno metterà al riparo la sua paura e la sublimerà in ardore. Il numero è la risposta democratica all’Assoluto. Basterà?
Nessuna religione ha esaltato la trascendenza dell’Uno, la sua separazione, come lo ha fatto il discorso di Maometto. Di fronte all’Assoluto, né il giudaismo, né il cristianesimo lasciano sola la debilità umana. Essi offrono al credente la mediazione, il soccorso di un popolo, di una Chiesa, laddove l’Assoluto islamico non è mitigato, resta sfrenato. È il principio del suo splendore. La certezza è dalla sua parte, laddove si discute della definizione di Ebreo, le Chiese protestanti si accapigliano, il Vaticano stesso è colpito, a dire del Papa, da un “Alzheimer spirituale”. Un altro accademico prescrive all’Islam di sottomettersi alla “prova della critica” per raggiungere la sua vera grandezza. In effetti, tutto sta lì. Quando gli asini voleranno…
Quando si manifesta, come faremo tra qualche ora, ci si rivolge ad un potere che si tratta di piegare. I cortei che tra poco convergeranno su place de la Nation non lo sanno, ma essi si preparano a celebrare il padrone di domani. Qual è? “Ma come, mi si dirà, veniamo a incensare la Repubblica, i Lumi, i Diritti dell’Uomo, la libertà d’espressione” ecc., ecc. Credete veramente, risponderei, M. Poutine, M. Viktor Orban, i Grandi del mondo solidali di questi “valori”? È molto più semplice. Di valore non ne hanno che uno: l’ordine pubblico, il mantenimento dell’ordine. E su questo i popoli si accordano con loro. Il legame sociale, ecco il Bene Supremo. Non ve ne è altro. Si onorano le vittime, senza dubbio. Ma innanzitutto, e ovunque, si conta sulla polizia.
Povero Snowden! Sì, noi vogliamo essere sorvegliati, ascoltati, vigilati, se la vita è a questo prezzo. Grande corsa verso la servitù volontaria. Che dico, volontaria? Desiderata, rivendicata, pretesa. All’orizzonte, il Leviatano, “Pax et Priceps”. Venne un momento a Roma, notava un tempo Ronald Syme, in cui anche i Repubblicani consideravano come male minore “submission to absolute rule”. Houellebecq su questo punto non ha torto: la tendenza oggi, contrariamente alle apparenze, non è la resistenza, ma la sottomissione.
Traduzione di Rosanna Tremante. Revisione di Giuliana Zani
*Testo reperito sulla pagina Facebook dell’Istituto Freudiano del 12 gennaio 2015
https://www.facebook.com/istituto.freudiano.3?fref=ts
Altra fonte:
http://www.slp-cf.it/attualita/-/articolo/56/345608/JAM-ILLUSIONE-LIRICA#.VLoBdyuG-YJ
Testo originale: