di Sarantis Thanopulos, ilmanifesto.info, 5 giugno 2015
Capita, ascoltando o leggendo commenti e dichiarazioni sui risultati di una tornata elettorale, di andare oltre lo scoraggiamento. Ci si può sentire pervasi da un senso di vuoto a cui solo un po’ di acqua fredda sul viso può dare sollievo. Nell’esercizio dell’arte politica un nuovo strumento di persuasione si è aggiunto all’imbonimento e alla manipolazione dei fatti, due perversioni storicamente consolidate di un mestiere nobile, ma vulnerabile all’inganno. Fa tendenza una reinterpretazione del parlar d’altro che mescola la falsificazione del dato reale (o la sua sostituzione con un dato neutrale) con il nulla vero e proprio. Questo nulla, che nelle debite dosi ottiene molto successo, non è un artificio ingegnoso di una nuova arte retorica. È la risposta perversa a una reale mancanza che la sottrae alla percezione e alla fame del desiderio. Il vuoto prende il posto dell’assenza. Piuttosto che allucinare «positivamente» ciò che manca (la convinzione di vederlo, toccarlo, ascoltarlo), prospettiva folle che, tuttavia, mantiene viva la passione, si sceglie una strada catastrofica: lo si allucina «negativamente», lo si cancella come se non fosse mai esistito.
Segue qui: http://ilmanifesto.info/il-dolce-dir-nulla/ http://www.psychiatryonline.it/node/5668