Gilles Deleuze. Nella lettura di Rocco Ronchi l’autore di «Differenza e ripetizione» è un esistenzialista, erede di Sartre
di Paolo Godani, ilmanifesto.info, 9 agosto 2015
Un appassionato e partigiano elogio della filosofia è ciò che, principalmente, muove il saggio di Rocco Ronchi titolato Gilles Deleuze Credere nel reale (Feltrinelli, pp. 137, euro 14,00). L’idea è che se oggi, «soprattutto i più giovani» trovano «in un pensiero così complesso, scostante, spesso francamente incomprensibile» le ragioni che li portano «a scegliere la via della filosofia», è perché «Deleuze, nella seconda metà del secolo , è stato tra i pochi a difendere l’onore della filosofia», opponendosi a coloro che da più parti ne auspicavano la «dismissione generalizzata». Lo stile di pensiero del filosofo francese viene così messo in esplicita opposizione alle correnti novecentesche eredi di Heidegger e di Wittgenstein, che in modi talvolta anche radicalmente differenti hanno dichiarato la fine della filosofia. Il metodo e lo stile con cui Ronchi affronta il pensiero di Deleuze non sono quelli dello storico, che descrive il suo oggetto inserendolo nel contesto suo proprio perché lo considera compiuto e finito, cioè morto. La prospettiva, ispirata dallo stesso Deleuze, è piuttosto quella di chi vede nella filosofia «non un fatto compiuto ma un atto», a cui ci si può accostare solo con la pretesa di prolungarne la linea della vita. È perciò che il testo in questione non è affatto una semplice introduzione al pensiero di Deleuze, ma – in linea con lo spirito della collana diretta da Massimo Recalcati, che mira a «mettere in luce l’eredità come un resto vivo e mai del tutto esauribile» – è esso stesso un testo di filosofia.
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