Maresca, Ballerini: “Bimbi adottivi e madri naturali: cosa si può e si deve dire”

di Stefania Maresca, Luigi Ballerini, avvenire.it, 28 ottobre 2015

Nel 2013 io e mio marito siamo diventati genitori grazie al bellissimo percorso dell’adozione. Nostra figlia aveva solo 30 giorni quando l’abbiamo conosciuta ed è stato amore a prima vista. È per noi il dono più bello della nostra vita e ogni giorno ci ricolma di gioia. Adesso ha due anni e mezzo. Le abbiamo già iniziato a parlare della sua storia, le abbiamo fatto vedere le nostre prime foto insieme, le abbiamo scritto una fiaba, le ho iniziato a spiegare che non è nata dalla mia pancia, ma che è sempre stata nel mio cuore. Volevo condividere con lei una mia difficoltà: non so come chiamare la sua madre biologica quando le parlo della sua storia.
Stefania Maresca
Di mamma ce n’è una sola. Questo detto, così noto, è vero solo nel suo stretto senso biologico, ossia è vero che solo una donna porta in grembo il bambino. Dopo la nascita però accade la vita, con i suoi incontri. Ci sono bambini che si vanno a trovare altre mamme, ad esempio. A quante maestre è capitato di sentirsi chiamare mamma dai propri alunni delle prime classi? Mamma, per loro, è diventato l’epiteto e il concetto che viene riservato a chi tratta bene, a chi difende, a colei da cui ci si aspettano atti favorevoli. Ci sono poi anche bambini che non si cercano altre mamme, ma che hanno altre mamme che cercano loro. Altre mamme che non solo li cercano e li vanno a prendere in luoghi più o meno lontani, ma che li accolgono in casa, li accudiscono, li nutrono, parlano loro, li fanno giocare e li fanno crescere al meglio secondo le loro possibilità. Sono i bambini adottati che, soprattutto se piccoli, attribuiscono da subito, e senza riserve, il termine mamma a queste donne così importanti per loro.

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