Quel che resta di Freud. Il filosofo Galimberti: “La psicanalisi? Utilissima, ma…” (2006)

di Francesca Tozzi, affaritaliani.libero.it, 31 gennaio 2006

Niente è più complesso e misterioso dell’anima, da sempre al centro del pensiero filosofico e religioso, casa di idee e demoni, sostanza diversa dal corpo destinata forse a sopravvivergli. Solo il diciannovesimo secolo però ha visto nascere una disciplina rivolta all’esplorazione e alla cura dell’anima: la psicoanalisi, che ha portato alla scoperta dell’inconscio e dei meccanismi che guidano il desiderio e i sogni. Eppure, a 150 anni dalla nascita del suo fondatore, Sigmund Freud, l’uomo è ancora tormentato dalle stesse ansie, prigioniero di meccanismi che si ripetono, alla ricerca di risposte che il grande austriaco e i suoi eredi non sembrano più in grado di dare.
E intanto negli ultimi anni si è affacciata nella cultura occidentale e da poco anche in Italia la consulenza filosofica, una disciplina che non offre risposte precostituite ma affronta i disagi della persona attraverso il libero dialogo e nel pieno rispetto della sua specificità. Il consulente, sostiene il filosofo Gerd Achenbach, aiuta il suo “paziente” a vedere il problema da altri punti di vista, a potenziare il pensiero, a scorgerne e scioglierne le contraddizioni. Ma la filosofia può davvero curare l’anima e il disagio psichico, invadendo il campo della psicoanalisi? Affari ne ha parlato con Umberto Galimberti, docente di filosofia all’Università di Venezia, che affronta l’argomento nel suo ultimo saggio La casa di psiche.

Professor Galimberti, come vede il rapporto fra psicoanalisi e consulenza filosofica?
“Sono discipline diverse: la psicoanalisi opera sui conflitti psichici quando ci sono due istanze emotive che si contraddicono, come desiderio e senso di colpa; nella consulenza filosofica si tratta di riordinare le idee perché tante volte la sofferenza è determinata da idee sbagliate, nel senso che non sappiamo metterle in ordine o ne abbiamo troppo poche oppure ne abbiamo di troppo superficiali rispetto alla profondità dei problemi che vogliamo risolvere. E’ una sorta di terapia delle idee perché noi non siamo al mondo come crediamo ma abitiamo esclusivamente la nostra visione del mondo che spesso è distorta, superficiale e ristretta; da qui nascono dei conflitti che si risolvono allargando questa visione, rendendola compatibile con il mondo. Attraverso la riflessione si correggono le idee sbagliate che non ci consentono di essere all’altezza delle situazioni”.

Secondo lei la consulenza filosofica può curare l’anima e il disagio psichico o è un campo esclusivo della psicoanalisi?
“La consulenza filosofica si occupa del disagio psichico che nasce dalla confusione delle idee e non dai conflitti emotivi, come fa invece la psicoanalisi, ma l’anima è l’oggetto di entrambe le discipline. Socrate e Platone ci insegnano a governare l’anima attraverso la conoscenza di sé, che significa conoscere le proprie possibilità e attitudini, metterle a confronto con le proprie aspirazioni ed eliminare eventuali contraddizioni e sproporzioni, causa di illusioni e sofferenza. Pensi poi che nel mercato della Corinto antica, fra i vari negozi, c’era anche la bottega dell’anima: quando uno stava male ed era confuso andava dal filosofo che lo accudiva e lo aiutava a riordinare le idee”.

Una sorta di consulente filosofico ante litteram…
“Esattamente, perché la filosofia prima di diventare una faccenda di scuole e università era una cura dell’anima: ‘therapeia tis psikì’, diceva Platone. La filosofia è nata come cura dell’anima”.

Nel libero dialogo il consulente si mette sullo stesso piano del suo “paziente” e ne guida la riflessione in modo sempre diverso.
“È questa la peculiarità della consulenza filosofica: il consulente non applica la sua visione del mondo a quella del “paziente” mentre questo accade regolarmente nei trattamenti psicoanalitici perché la psicoanalisi parte da una idea di uomo, quella costruita da Freud e poi da Jung, e analizza il paziente attraverso una griglia interpretativa predefinita. Il consulente si mette dalla parte del “paziente” per guidarne la riflessione ma è lui che deve fare il grosso del lavoro”.

Un po’ come faceva la maieutica socratica…
“La maieutica e anche l’ironia, che si traduce in un distanziamento del “paziente” dai suoi problemi. L’unico problema serio, dicevano i greci, è la morte; tutti gli altri sono risolvibili. Il vecchio cui capita un malanno, invece di drammatizzare può relativizzare la propria posizione, pensare che in fondo ha già vissuto molto e che qualche magagna la deve mettere in conto. Socrate è il primo maestro di consulenza filosofica e, grazie alla consulenza, la filosofia  ritorna alle sue origini”.

La filosofia è considerata da molti astratta e avulsa dalla realtà. La consulenza riuscirà a farla uscire dall’accademia e a farla entrare in un quotidiano caratterizzato spesso dall’angoscia e dalla mancanza di senso?
“Sta già accadendo ormai in Italia ci sono almeno tre o quattro scuole di consulenza filosofica, io stesso a Venezia ho messo in piedi un master biennale e ho dedicato il mio ultimo libro ‘La casa di psiche’ al passaggio dalla psicoanalisi alla consulenza filosofica. Negli Stati Uniti, in Francia, in Germania e soprattutto in Olanda è diffusissima; noi stiamo cominciando adesso anche se tre anni fa, quando ho cominciato a far circolare queste idee sui giornali, il terreno era già pronto”.

Cosa rimane di Freud e del suo insegnamento a 150 anni dalla sua nascita?
“Molto: la psicoanalisi funziona ancora bene e ci ha insegnato delle cose fondamentali sulla meccanica del desiderio e la simbolizzazione degli impulsi da cui non si può prescindere. Se, ad esempio, io non sono in grado di simbolizzare cioè di elaborare psicologicamente l’ira potrei prendere un coltello e uccidere. In questo la lezione di Freud è ancora attuale e così la terapia che ne deriva. Il complesso di Edipo è importante perché è legato allo sviluppo dell’identità e delle relazioni ma nella sua valenza metaforica, non va preso alla lettera come fanno certi psicoanalisti”.

In cosa allora la psicoanalisi si rivela ormai anacronistica o inadeguata?
“Nella ‘Casa di psiche’ scrivo che la psicoanalisi vuole guarire la nevrosi mentre è possibile cominciare a ipotizzare che le nevrosi possono anche servirci a diventare migliori: se un attore non è anche un isterico non farà mai bene questo mestiere, se il redattore di una casa editrice non è un po’ ossessivo si lascerà sfuggire gli errori. Alcuni mestieri, come quelli creativi, richiedono una certa dose di nevrosi. Ci sono anche delle ragioni pratiche: la psicoanalisi è lunga, costosa, praticabile solo con gente cha ha una certa capacità di introspezione. La consulenza filosofica non tocca l’inconscio, ti fa ragionare. E poi è molto breve e funziona come problem solver: uno sta male perché non sa come uscire da una certa situazione: il suo matrimonio è in crisi, sul lavoro non si sente valorizzato ecc. Questi problemi vengono affrontati in una decina di sedute in cui il consulente aiuta il ‘paziente’ a visualizzarne nella maniera giusta l’ordine e la qualità. Ma soprattutto l’errore più grave che imputo alla psicoanalisi è quello di essere inserita radicalmente nella tradizione giudaico-cristiana”.

In che senso?
“Per i cristiani il dolore è l’effetto di una colpa, il peccato originale, ma allo stesso tempo è strumento di salvezza e di vita eterna. La psicoanalisi che deriva da questo scenario pensa che dal dolore si possa guarire mentre i greci sapevano che, come la morte, anche il dolore fa parte della vita, non è l’effetto di una colpa quindi bisogna accettarlo. Si impara a reggerlo e a contenerlo, così come al contrario si impara a espandere la gioia. L’insegnamento filosofico in questo si rivolge a tutti gli individui indipendentemente dalla loro fede e dalla loro interpretazione del mondo”.

La consulenza filosofica è considerata ancora con un certo scetticismo. Secondo lei perché?
“C’è scetticismo e ostilità da parte di psicoanalisti e psichiatri, perché gli si porta via il mestiere, da parte dei preti, perché la Chiesa da duemila anni si è presa il monopolio della cura dell’anima e infine da parte dei filosofi che non si vogliono compromettere col mondo e che non accettano la pratica filosofica. Eppure io credo che in futuro la consulenza filosofica potrebbe arrivare a sostituire la psicoanalisi, aiutando a far accettare quella parte di angoscia che appartiene alla vita ed eliminando il dolore che è eliminabile, cioè quei meccanismi mentali, come le generalizzazioni e i falsi sensi di colpa, che esasperano la sofferenza”.

http://affaritaliani.libero.it/coffeebreak/galimbertifreud_pg_1.html

http://affaritaliani.libero.it/coffeebreak/galimbertifreud_pg_2.html

One thought on “Quel che resta di Freud. Il filosofo Galimberti: “La psicanalisi? Utilissima, ma…” (2006)

  1. […] Professor Galimberti, come vede il rapporto fra psicoanalisi e consulenza filosofica? “Sono discipline diverse: la psicoanalisi opera sui conflitti psichici quando ci sono due istanze emotive che si contraddicono, come desiderio e senso di colpa; nella consulenza filosofica si tratta di riordinare le idee perché tante volte la sofferenza è determinata da idee sbagliate, nel senso che non sappiamo metterle in ordine o ne abbiamo troppo poche oppure ne abbiamo di troppo superficiali rispetto alla profondità dei problemi che vogliamo risolvere. E’ una sorta di terapia delle idee perché noi non siamo al mondo come crediamo ma abitiamo esclusivamente la nostra visione del mondo che spesso è distorta, superficiale e ristretta; da qui nascono dei conflitti che si risolvono allargando questa visione, rendendola compatibile con il mondo. Attraverso la riflessione si correggono le idee sbagliate che non ci consentono di essere all’altezza delle situazioni”.   A cura di http://www.federicobaranzini.it  […]

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