Recalcati alla Leopolda: intervento e commenti di Cancellato, Silva, Montanari, Politi

Referendum costituzionale, Matteo e l’abbraccio dello Psicanalista

di Marco Politi, ilfattoquotidiano.it, 29 novembre 2016

Massimo Recalcati è una gag. Patrimonio dell’Umanità sull’Unitàtv, il suo video leopoldino ci rammenta che questa stagione referendaria ha donato anche momenti di liberatoria comicità. Gli encomi per Renzi e la Costituzione pasticciata sono gioielli da museo. Rinomato psicanalista e saggista, Recalcati (il primo a sinistra nella foto, ndr) preso dalla sua attività professionale e conferenziera non si è accorto che il suo pupillo Matteo-Matteo è sfuggito al suo occhio benevolente. Il Renzocchio, che dovrebbe spalancare a noi tutti le porte del Futuro, si diverte come un discolo a fare ruba-bandiera. Un giorno il vessillo dell’Europa c’è, poi sparisce, poi ricompare, la volta prossima forse recherà nel cerchio delle stelle dorate una mano nell’italico segno delle corna. Ah quei “conservatori della sinistra massimalista” che non capiscono nulla! Non sanno cogliere il delicato balletto delle Smart esibite all’inizio dell’avventura governativa, quando Matteo-Matteo voleva fare vedere che si muoveva da cittadino qualunque. Smart rapidamente sparite e sostituite dall’imperiosa rivendicazione di un aereo presidenziale perché gli italiani sapessero che il nostro premier non è secondo a nessuno sull’orbe terrestre.

Segue qui:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/29/referendum-costituzionale-matteo-e-labbraccio-dello-psicanalista/3224194/

La voce del padrone

La psicoanalisi ai tempi della Leopolda. Considerazioni di uno psicoanalista per il no

di Maurizio Montanari, lettera43.it, 14 novembre 2016

Non so se, quando lo psicoanalista J.A. Miller sosteneva la necessità di ‘parlare la lingua dell’altro’, cercando di rendere l’analista una figura attuale, elastica, capace di lasciare sempre più le mura dello studio, si riferisse anche alle kermesse di corrente di partito, come quella tenutasi alla Leopolda. La passerella fiorentina rappresentava invero più un salotto esclusivo, il défilé di una piccola élite, che non le voci della città. La psicoanalisi, piuttosto che accasarsi presso un’avanguardia benpensante e piena, satolla di mezzi e verità, dovrebbe andare laddove la carne della città è viva, in bilico, precaria, disoccupata. Dove c’è il vuoto, dove qualcosa manca, cercando di dare voce a tutti coloro i quali la voce l’hanno persa, al prezzo di volgarizzarsi. Non è populismo dire che là dentro non erano rappresentate che alcune delle voci della società. Non certo quelle dei docenti toccati dalle recenti riforme, né quelle dei giovani vittime del jobs act, manco quelle degli operai della Fiat colpiti dal ‘modello Marchionne’, uomo col quale il leader della Leopolda si dice in piena sintonia. Se la psicoanalisi la si vuole usare in città, dans la rue, si deve cercare di arrivare anche nelle periferie. Pena, il cadere in un gioco di specchi dove il padrone si bea delle sue parole e dei suoi tecnicismi, che si stagliano, ma sfumano in mezzo alla pletora di applausi e voci univoche del coro.

Come uomini possiamo andare ovunque. Entrare in qualsiasi consesso liberamente. Come analisti sappiamo che esistono stanze che ci impongo di lasciare il soprabito fuori dalla porta. La questione dell’‘opacità’ dell’analista, vale a dire la capacità tenace di non lasciare trasparire che poco o nulla dei propri vissuti interiori, è un articolo cardine della costituzione analitica, che permette all’analista di restare tale, occupando quella posizione, indipendentemente dal mutare dei tempi e dei costumi. L’analista, e questo lo sanno davvero tutti coloro che sono addetti ai lavori, affinché il dispositivo funzioni e non si tramuti in qualcosa d’altro, deve saper mantenere questa posizione il più possibile decolorata, quel posto che Lacan definisce dello ‘scarto’. In seduta, certo. Ma non solo. Viceversa, il mostrare pubblicamente le proprie pulsioni, idee, vestendole del lessico clinico, può sfociare in qualcosa che assomiglia ad un ‘giudizio diagnostico’ extra moenia. E in un mondo mediatico dove se ti metti in posa sai che il tuo messaggio verrà replicato all’infinito, è qualcosa che può turbare, scuotere, colpire, pasticciare il lavoro in corso di tanti che si sono sentiti chiamati in causa. Penso al lavoro analitico delle mummie masochiste che voteranno no. Mi chiedo quale sarebbe la reazione dei miei analizzanti, del pd, o quelli di sinistra, o di destra, se mi vedessero non già schierato, quanto ‘arruolato’ imbracciando la doppietta del dsm in uno dei palchi politici ai quali ho partecipato. Apostrofando parte di essi come un ‘corpo unico’, definendoli in base a questa o quella affezione dalla quale sarebbero interessati. Quanto poco ci vorrebbe a pisciare su anni ed anni di faticosa costruzione di rapporti a volte difficili, densi di elementi transferali da tenere sotto controllo. Quanta fatica per raggiungere, con i limiti della mia imperfezione, la meta dell’uno per uno. Come entreranno in seduta tutti questi analizzanti che votano no? Anni ed anni di rettifica personale, con lavori minuziosi e faticosi sulla pelle del proprio inconscio, resisteranno alla diagnosi di massa effettuata dal video? E quelli che son padri e votano no, o che hanno padri che votano no, sono pronti a vivere da mummie, affette dalla patologia del masochismo? Si tramuterà in un allungamento delle sedute per elaborare la diagnosi inaspettata, o basterà non parlarne?

Segue qui:

http://www.lettera43.it/blog/la-stanza-101-lo-sguardo-di-uno-psicoanalista-sul-contemporaneo/la-voce-dal-padrone_43675267548.htm

Padri e figli

Renzi combatte contro i suoi genitori perché rifiuta l’idea di dire un mortifero “no” alla vita

di Umberto Silva, ilfoglio.it, 9 novembre 2016

Bell’intervento dello psicanalista Massimo Recalcati, padre spirituale di Repubblica, che alla Leopolda con ardore ha sottolineato il rancore di certi falsi padri che si scagliano contro i figli, che spesso risultano essere i veri padri; figli che non avrebbero dovuto nascere ma restare nell’ombra. Grande anche il gesto di Cuperlo, cognome che evoca Copernico e il mondo della scoperta, alla quale invita i reticenti compagni. Bel volto di giovane combattente quello di Recalcati, aperto all’avventura e al desiderio; volto sapiente quello di Cuperlo, che contando i passi del proprio cammino verso la giovinezza, l’ha abbracciata, altri portando con sé. Finalmente si respira. L’arroganza, dalla vecchia guardia spacciata per educazione, spinge molti aspiranti falsi padri a scendere in piazza contro i loro coetanei al grido di: “No, non vogliamo crescere, vogliamo marcire come sono marciti i nostri padri, con onore, come con onore è marcita la nostra Patria in tanti anni di pasticci e combutte senza senso, anni di nobile paura e quieto vivere”. Il No alla vita cerca d’imporsi ancora una volta, come se la vita fosse la morte e la morte la vita, in una micidiale confusione.

Segue qui:

http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2016/11/09/padri-e-figli___1-vr-150767-rubriche_c147.htm

Caro Recalcati, basta con l’inutile retorica del cambiamento!

In vent’anni abbiamo cambiato quattro leggi elettorali e un sacco di volte la legislazione sul lavoro, sulle pensioni e sulla scuola. E se avessimo di stabilità, anziché di continue e sterili mutazioni?

di Francesco Cancellato, linkiesta.it, 8 novembre 2016

«Matteo Renzi doveva essere ucciso nella culla: ci hanno provato, perché il suo è il nome del cambiamento». Parole e musica di Massimo Recalcati, psicanalista, saggista, editorialista, nella sua prima volta dal palco della Leopolda. Un attacco duro, il suo, alla «sinistra del No», che «non ha fatto niente per trent’anni». Insomma. Possiamo pure perdonare a Recalcati un po’ di memoria selettiva, ma a noi sembra, al contrario, che il problema dell’Italia non sia il cambiamento. O meglio: che il problema della politica italiana – per dirla in una lingua che capisce – sia l’ossessione per il cambiamento continuo. Mutuandola dal lessico calcistico e dal nome del celeberrimo presidente mangia-allenatori del Palermo – dall’Odissea e dai film di Clint Eastwood abbiamo attinto abbastanza, no? – potremmo chiamarla “sindrome di Zamparini”.

Segue qui:

http://www.linkiesta.it/it/article/2016/11/08/caro-recalcati-basta-con-linutile-retorica-del-cambiamento/32307/

Recalcati alla Leopolda

da youtube, 6 novembre 2016

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