Il teatro della Società di Lecco, ieri sera ha ospitato uno degli incontri previsti per “Frammenti di Filosofia”
di Giorgio Gaviraghi, resegoneonline.it, 6 aprile
Tutti a lezione dal prof. Galimberti, docente di filosofia della storia presso l’università Ca Foscari di Venezia, relatore del nuovo incontro promosso dalla kermesse letteraria Leggermente. Il professore è intervenuto sull’originale tema: “Dio nel sogno. Notte, inconscio, verità e follia”, a partire dal suo libro “Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto”, edito da Feltrinelli nel 2012.
Galimberti ha esordito ricordando che il sogno è divenuto importante, anche dal punto di vista scientifico, a partire da Freud. Il padre della psicanalisi ha introdotto, infatti, la parola inconscio. «Egli diceva che noi abbiamo una doppia soggettività: una si chiama io, la nostra parte conscia; l’altra è l’inconscio. Esso è una regione in cui è collocata la nostra soggettività specifica, cioè quella che ci prevede come funzionari della specie forniti di 2 caratteristiche o pulsioni: la pulsione sessuale, che interessa l’economia della specie, e la pulsione aggressiva atta alla difesa della prole». Le due soggettività sono tra di loro in conflitto e rappresentano ciò che già i greci chiamavano dimensione tragica.
«Fatte queste premesse», ha continuato il relatore, «sostengo una cosa molto semplice: il sogno è il luogo in cui l’inconscio si manifesta, perché quando dormiamo la coscienza non è più vigile ed in questa non vigilanza della coscienza, vengono fuori tutte le figure dell’inconscio. Il sogno è, poi, l’assoluto teatro della pazzia, il luogo dell’emersione della follia che ci abita. Questo perché nel sogno sono sospese tutte le regole della ragione, dal principio di non contraddizione, a quelli d’identità e di causalità; non funzionano né lo spazio né il tempo».
Ma cosa c’entra tutto questo con la religione, con Dio? «L’inconscio, caratterizzato come luogo dell’emergenza della follia, non è altro che il riverbero di quel più grande scenario che è quello del sacro. Il sacro è abitato da potenze superiori, luogo dove venivano relegate tutte quelle cose che gli uomini non riuscivano a dominare. Essi nascono quando si separano dagli dei, quando creano delle regole (la ragione) a cui gli dei non si attengono. Eraclito lo dice con estrema chiarezza: il dio è guerra e pace, sazietà e fame; si vede qui come si sfugge al principio di non contraddizione. Gli dei stanno perciò al di là della ragione, stanno nella follia, anzi sono la proiezione su grande schermo della follia che ci abita».
Nel mondo greco la dimensione del sacro, della follia che proiettiamo fuori di noi, ma che ci abita profondamente, trova la sua chiave di lettura nella tragedia. «Pensiamo», ha ripreso il filosofo,«alla vicenda di Edipo. Egli va incontro alla pazzia, si è mescolato con il sacro e perciò la sua vicenda è tragica». I nostri sogni sono perciò, secondo Galimberti, il grande schermo dove va in scena la sacralità, che non soggiace alle regole di ragione, e dove emerge la nostra follia.
«La stessa dinamica», ha continuato il professore, «accade nella tradizione giudaico-cristiana. Si pensi alla vicenda di Abramo che riceve il folle ordine di uccidere il figlio. Dio è al di là del bene e del male, non distingue queste cose, è al di là delle leggi morali. Però noi abbiamo perso la consuetudine con il sacro, perché siamo diventati cristiani e con il cristianesimo Dio è diventato uno di noi; non è più quindi al di là, nel regno della follia. Abbiamo perciò perso la possibilità di visualizzare la dimensione sacrale-folle che ci abita, ma anche se eliminata, questa dimensione continua a lavorare latentemente in noi».
Il cristianesimo ha perso questa dimensione del sacro e quindi ha perso la possibilità di aiutare l’umano ogni volta che il sacro lo invade, sostituendo la terribilità del sacro con la misericordia dell’amore. Dio non è più terribile, ma è misericordioso, è amore. In conclusione il professore ha lanciato una domanda sibillina: «Sopravvivrà il cristianesimo alla fine dell’occidente e l’occidente alla fine del cristianesimo? Io penso proprio di no».