Uniti nell’inconscio (1987)

Psicoanalisti e e neuroscienziati non saranno più avversari dopo la rilettura del “Progetto” di Freud 

di Redazione e Gianni Tibaldi, Il Sole 24 Ore, 25 gennaio 1987

In uno scritto del 1917 dal titolo «Una difficoltà della psicanalisi», Sigmund Freud denunziava la pigrizia con cui il sapere si era rannicchiato nella sfera del cosciente, anziché cercare i propri motivi nelle radici inconsce della sua psiche. Era successa una sorta di «resistenza del narcisismo»: l’uomo si autocompiaceva e considerava il suo Io qualcosa di trasparente, quasi avesse paura di trovare nell’inconscio tracce sgradevoli. Da allora sono passati settant’anni. Su Freud si è parlato a lungo, le sue teorie hanno creato scuole ed eresie. Ma senza conoscere il suo pensiero è impossibile capire il mondo contemporaneo. E per conoscerlo veramente, forse è giunto il tempo di rivisitare il suo anche nel suo caso hanno tradito buona parte dell’ uomo e di quel che ha voluto dirci. L’occasione per dar via al complesso fenomeno della rilettura può cominciare anche questa settimana, che vede il 30 gennaio a Palazzo Strozzi in Firenze la presentazione del volume «Lettere a Wilhelm Fliess», edito da Boringhieri: un epistolario decisivo per comprendere il padre della psicanalisi. Lettere che iniziò nel 1887, cent’anni or sono. Noi proponiamo uno scritto di Gianni Tibaldi, che ripercorre alcuni sentieri interrotti del sapere e della vita di Sigmund, una lettera dell’epistolario quindi un stralcio del lavoro lasciato incompiuto di Romano Rocco (recentemente scomparso), psichiatra, attento filologo di Freud, fondatore e direttore dell’Istituto di psicoterapia analitica e psicologia del profondo di Bologna. Avrebbe intitolato la rilettura del Progetto «Freud: tra le righe».

Sarebbe difficile sostenere un atteggiamento di autentico rispetto verso il pensiero di Freud dimenticando completamente un criterio psicoanalitico nella sua lettura e nella sua interpretazione. E poiché la psicoanalisi è , essenzialmente, «biografia», l’attenzione agli accadimenti della vita di Freud diventa un criterio indispensabile per decifrare e capire il senso della sua dottrina e della sua opera.
Le «disavventure» accademiche del giovane Freud sono note ma, forse, vale la pena, qui, di ricordarne talune particolarmente significative. L’episodio più famoso e frequentemente citato riguarda la delusione sperimentata da Freud quando, rientrato da Parigi nel 1886, riferì alla Società medica di Vienna ciò che aveva visto e appreso nella clinica di Charcot. In particolare la sua relazione su «un paziente isterico di sesso maschile» suscitò pressoché unanimi reazioni non solo di disapprovazione ma di ostilità. L’episodio segnò la «rottura» con il mondo accademico e della medicina «ufficiale» (che sarebbe stata ricomposta soltanto nel 1920, con la nomina a Vienna). Segnò, anche, il destino della psicoanalisi nel senso che, da un lato, mise in moto, definitivamente, le energie creative di Freud e, da un altro lato, anticipò quel futuro fatto di alterne fortune e di costanti ambivalenze che avrebbe caratterizzato i rapporti del pensiero freudiano con la cultura «ortodossa».
Ma vi è un altro episodio, meno noto e apparentemente meno importante, ma, forse, ancor più significativo nella vita del giovane Freud. Nel 1882 il futuro fondatore della psicoanalisi, prossimo alle nozze, si reco’ dal professor Hermann Nothnagel «barone» della facoltà medica di Vienna, per chiedergli un posto di «assistente di ruolo». Ricevette una risposta ferma e negativa. La frustrazione (anche se ben mascherata) interruppe definitivamente la sua carriera di «fisiologo puro» che era iniziata quando, ancora studente, si era occupato della sessualità delle anguille ed era proseguita nell’Istituto diretto dal celebre von Brucke con i lavori di neuroistologia. Il significato «traumatico» del rifiuto del posto appare evidente se si osserva che la borsa di studio vinta da Freud nel 1885, dopo che aveva ottenuto la libera docenza (grazie anche all’appoggio di quel Nothnagel…), doveva condurlo proprio nella Clinica parigina di Charcot, cioè alle fonti della sua geniale rivolta.
Freud non si «identificò con l’aggressore» (secondo cioè quel meccanismo di difesa che avrebbe, più tardi, teorizzato) ma elaborò una soluzione del conflitto, che il «trauma» aveva evocato e attivato, in un modo molto più complesso e produttivo. Egli non si sentì di venir meno alla propria vocazione e passione primitiva: non volle, cioè, tradire se stesso né la fedeltà al proprio maestro (Ernst Wilhelm von Brucke) che lo aveva così profondamente affascinato. Al tempo stesso «dovette» conquistarsi un nuovo spazio e raggiungere nuove mete ambiziose in sostituzione di quelle che gli erano state impedite. Il senso di questo conflitto vive all’interno della psicoanalisi freudiana, come dottrina e come «destino»: nel suo essere scientifica e non-scientifica, metaforica e «letterale», fisicista e spiritualista. Ma è soprattutto nel «Progetto di una psicologia» (1895) che il conflitto e la sua soluzione appaiono esplicitati.

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CARO FLIESS, IL SOGNO CI SVEGLIA TUTTI
Vienna, 3 gennaio 1899
Caro Wilhelm,
sono ancora io il primo a dar notizia di sé . Dopo il tramonto di una meteora rimane un barlume di luce che continua a rischiarare per un pezzo l’oscurità del cielo. Per me tale barlume non si è ancora spento. Nel chiarore, poi, sono riuscito d’improvviso a scorgere alcune cose e neppure i primi fastidi lavorativi recatimi dall’anno nuovo sono riusciti a intaccare le mie scorte di “buon umore”. Anzitutto si è fatto strada un frammento di autoanalisi dal quale ho avuto la conferma che le fantasie sono il prodotto di epoche più tarde che, partendo dal presente, sono proiettate all’indietro nella prima infanzia. Ho anche scoperto in che modo ciò si verifichi: ancora mediante un’associazione verbale. Alla domanda “cosa è accaduto nella prima infanzia?” si risponde: nulla, tuttavia esisteva un germe dell’impulso sessuale. Sarebbe facile e interessante parlare estesamente di questo ma scriverlo occuperebbe troppe pagine, e lo terrò in serbo per il congresso di Pasqua, insieme ad altre informazioni riguardanti la mia adolescenza. Ho anche scoperto un altro elemento psichico al quale attribuisco un’importanza generale e che ritengo faccia parte ancora di uno stadio anteriore al sintomo (anteriore anche alla fantasia).

4 gennaio. Ieri mi ero stancato, e oggi non posso continuare a scriverti nel senso che intendevo ieri, dato che la questione si modifica di continuo. C’è qualcosa che ha cominciato ad affiorare. E certamente nei prossimi giorni vi si aggiungeranno altri elementi. Ti scriverò quando il tutto si sarà chiarito. Ti posso solo rivelare che lo schema dei sogni può avere un’applicazione universale, e che nei sogni si trova veramente la chiave dell’isteria. Adesso comprendo come mai, a dispetto dei miei sforzi, non fossi in grado di terminare il libro dei sogni. Se aspetto ancora un momento arriverò a descrivere il processo psichico che si verifica nei sogni, in modo tale da includere il processo della formazione dei sintomi nell’isteria. Quindi, aspettiamo…
Cordialissimi saluti a te e ai tuoi
tuo Sigm

 

1 thoughts on “Uniti nell’inconscio (1987)

  1. […] di luce che continua a rischiarare per un pezzo l’oscurità del cielo.” Così scrive Freud a Fliess in una lettera del 3 gennaio 1899 e prosegue “Nel chiarore, poi, sono riuscito […]

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